Onorevoli Colleghi! - L'Unione europea è intervenuta a più riprese a occuparsi delle attività di movimento umano e razionale dei propri cittadini, in una società e in un'epoca in cui la sedentarietà va diffondendo abitudini quotidiane fortemente contrarie alla salute. Essa, infatti, è giunta al punto di dichiarare, in occasione della proclamazione del 2004 quale anno dell'educazione attraverso lo sport, che l'utilizzo di questo strumento va visto anche in funzione della maggiore coesione dell'Unione medesima. In questo senso la presente proposta di legge intende non soltanto riconoscere la professione del chinesiologo, definizione quest'ultima attribuita ai laureati in scienze motorie e agli ex diplomati degli istituti superiori di educazione fisica, ma anche regolamentare il funzionamento delle strutture in qualunque modo destinate all'esercizio delle attività fisico-motorie dei cittadini. E ciò, nel contempo, attivando una circolazione virtuosa di laureati in scienze dell'educazione fisica e dello sport dei Paesi dell'Unione europea, a vantaggio, in primo luogo, dei cittadini italiani residenti all'estero, che oggi sono titolari del diritto di voto nel nostro paese.
      Con specifico riferimento alla professione del chinesiologo va notato che essa non è specificamente regolamentata all'interno dell'Unione europea. Tuttavia la Commissione europea al riguardo ha sempre incentivato la formazione di piattaforme, d'accordo tra i vari Paesi, anche per iniziare a orientare le sue decisioni in materia. In questo senso sarà opportuno che tali piattaforme si formino in modo comune almeno tra due Paesi per iniziativa

 

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delle stesse associazioni nazionali di categoria.
      In Italia, da qualche decennio, l'attività fisico-motoria con finalità prevalenti di mantenimento del benessere fisico e mentale sono svolte in larga misura da soggetti privati attraverso palestre, centri fitness, Spa, centri sportivi polivalenti eccetera. L'aumento dell'attività di movimento, in senso prevalentemente fisico-sportiva, nel nostro Paese è quantificato oggi a livelli di oltre il 60 per cento della popolazione generale, con punte prevalenti nell'attività giovanile, ma con livelli percentuali abbastanza elevati anche per quella adulta. Tale domanda si concentra prevalentemente sulle attività di movimento diverse da quelle sportive tradizionali, mentre l'offerta tende a presentare caratteristiche quasi del tutto privatistiche. Secondo gli ultimi dati dell'Istituto nazionale di statistica e le conseguenti elaborazioni del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, emerge infatti che l'80 per cento degli italiani sostiene finanziariamente in proprio l'attività di movimento, svolta dal 65 per cento presso strutture a pagamento e solo dal 17 per cento presso strutture gratuite (la percentuale residua svolge tale attività in casa propria o in scenari naturali).
      Alla luce di questi dati e dalle loro ulteriori elaborazioni emerge che neppure il 30 per cento di questo movimento si incanala nello sport organizzato (sia dilettantistico che professionistico). Così, mentre lo sport organizzato mostra una più puntuale strutturazione, grazie soprattutto al Comitato olimpico nazionale italiano e agli enti di promozione sportiva che assicurano una pratica corretta delle discipline sportive, in ambito privatistico l'assenza di regole e di norme apposite favorisce gestioni avventurose e comportamenti spesso contrari alla salute. Sotto questo profilo appare riduttivo inquadrare il problema solo dal punto di vista delle attività sportive, dal momento che ormai la stragrande maggioranza dei cittadini attende ad attività di movimento senza alcuna pretesa sportiva ma con sole finalità igieniche. L'altro lato preoccupante del problema è che le strutture destinate a ospitare giovani e meno giovani per l'attività di movimento, come rivelano le sempre più frequenti inchieste giudiziarie, divengono sovente ambiti nei quali si fa smercio di sostanze stupefacenti. Trattandosi questo, in particolare, di un settore che fuoriesce dalle attività sportive tradizionali - egregiamente coordinate dallo sport organizzato - e da quelle di riabilitazione - ricadenti correttamente in ambito sanitario - esso investe trasversalmente diverse competenze ma, nella sostanza, intorno a esso si finisce per creare una zona grigia sempre più ampia nella quale è urgente l'intervento del legislatore per fissare alcune regole essenziali nell'interesse dei cittadini e della serietà delle prestazioni loro offerte.
      Infatti, anche le attenzioni delle diverse legislazioni regionali in questo ambito per lo più si fermano a enunciazioni di carattere generale ispirate soprattutto a preoccupazioni di benessere psico-fisico dei cittadini, un interesse che, viceversa, concentrano in maniera quasi esclusiva, nei confronti dello sport organizzato e che, il più delle volte, tiene conto solo delle espressioni agonistiche più elevate. D'altronde il dettato della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, attribuendo alle regioni una potestà concorrente con lo Stato, da un punto di vista strettamente lessicale, quando parla di «ordinamenti sportivi», sembra giustificare l'assenza di queste dall'ambito più generale delle attività di movimento che non rivestono un carattere strettamente «sportivo».
      Nel porre ordine a queste attività, ammesso che sia lecito lasciare alle dinamiche del mercato l'aspetto della proprietà e quello della loro gestione organizzativa ed economica, sembra indispensabile individuare un livello di responsabilità tecnico-scientifica in queste strutture da affidare alle uniche figure professionali che, nel sistema dell'ordinamento scolastico-universitario italiano, sembrano più attrezzate ad assolverlo in maniera adatta, ossia i chinesiologi, il cui piano di studio, contemplando materie di tipo medico-sanitario,
 

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formativo-sportivo, tecnico-sportivo, conoscenze storiche, sociologiche, pedagogiche, giuridiche ed economiche in materia di sport, appare quello più idoneo a dare garanzie di serietà in questo tipo di attività. La molteplicità delle possibilità accademiche legate a questo tipo di indirizzo universitario - dalla laurea triennale a quella specialistica, ai master specifici - consente oltretutto un utilizzo di queste figure in modo articolato e commisurato alla complessità dei compiti e delle strutture che sono chiamati a sovrintendere. Infatti essi potranno essere deputati a dirigere sia strutture semplici, come palestre orientate verso le attività semplicemente ginniche, sia altre più complesse, come centri polifunzionali in cui potranno essere richieste lauree specialistiche e master. La presenza di decine di migliaia di laureati in queste materie nel nostro Paese consente la teorica copertura di tali ruoli nel settore privato, mentre la normativa recata dalla presente proposta di legge potrà aprire nuovi sbocchi lavorativi per molti giovani che si affacciano in questo campo e che trovano, viceversa, sbarrati gli ingressi nel sistema scolastico e sanitario.
      Alle attività che costoro saranno chiamati a coordinare saranno preposti, oltre ai chinesiologi, anche istruttori formatisi sia nell'ambito formativo regionale, sia nel sistema sportivo, a garanzia della professionalità delle prestazioni, sia nel sistema sanitario.
      L'istruttore o l'operatore nelle strutture private destinate allo svolgimento di attività fisico-motorie dovrà essere in possesso dei titoli richiesti dalla presente proposta di legge e ad assicurare il rispetto delle disposizioni saranno chiamati gli uffici ispettivi del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e le aziende sanitarie locali, mentre alle regioni saranno affidati compiti di programmazione e di indirizzo in merito alla realizzazione e all'ubicazione di tali strutture. Le regioni, a loro volta, affidano le relative funzioni amministrative agli enti locali competenti.
      Va infine osservato che la presente proposta di legge non comporta alcun onere a carico dello Stato e delle regioni.
 

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